In alcuni luoghi di lavoro si indossano maschere e armature, in altri invece si può essere sé stessi, confidando nella fiducia reciproca. Ci sono luoghi in cui il calcolo sostiene i giochi di potere e ci sono luoghi in cui l'autenticità, intesa come integrità rispetto ai propri valori, premia. Ci sono luoghi, in cui i direttori vengono cambiati spesso per evitare che creino rapporti umani significativi con clienti e collaboratori e ci sono realtà produttive, spesso italiane e familiari, in cui i rapporti professionali si estendono per decenni, perché si cresce insieme lavorando.
L'autobiografia in azienda non fa per tutti, e certo calza molto meglio al secondo tipo di imprese che ho descritto, perché introduce un elemento di verità, di scambio autentico e profondo, che ha bisogno di un contesto di fiducia di base.
Ma a cosa serve l'autobiografia in azienda?
La scrittura è espressione privilegiata del linguaggio, perché riesce a dissipare il caos che spesso attanaglia la nostra mente, impedendoci di strutturare ed esprimere il nostro pensiero.
E’ forse un caso che, quando vogliamo chiarire qualcosa a noi stessi in primis, stendiamo un elenco o uno schema con carta e penna?
E che tipo di scrittura autobiografica può essere utile in azienda? Sicuramente una narrazione della propria storia professionale all’interno di un gruppo, condotto da un esperto, che si riunisce per affrontare con strumenti nuovi i temi cruciali su cui le organizzazioni sono chiamate a lavorare oggi, temi come il cambiamento, la riorganizzazione, la creazione di una nuova identità, la trasformazione digitale, i valori fondativi.
La condivisione delle storie di vita, resa più facile da un lato dall’esposizione di sé a cui ci ha abituato i social media e resa più difficile, dall’altro lato. dalla frammentazione a cui gli stessi social media ci hanno costretto, spingendoci ad adattarci al mezzo a discapito della nostra complessità, ci consente di ritrovare unità - unità tra sé e sé e unità all’interno del gruppo, che aumenta la conoscenza reciproca, rinsalda i legami e stimola l’appartenenza.
Ma non è tanto la scrittura da sola ad essere uno strumento da rivalutare, quanto il metodo autobiografico fondato sulle regole stabilite dal patto ideato da Philippe Lejeune, uno dei massimi studiosi in materia. Le regole di questo patto si basano sul rispetto per le altre storie di vita, sull’assenza di giudizio, sul confronto basato sull’esperienza e non sull’opinione. Ciò consenta di confrontarsi in modo costruttivo, nel rispetto delle molteplici esperienze, poiché si tratta di uno strumento che rispecchia l'unicità e la preziosità di ciascun contributo.
Quando poi la scrittura autobiografica è sostenuta dalla riflessione filosofica e seguita dalla capacità di visualizzare creativamente i risultati raggiunti dal gruppo di lavoro – come succede nel laboratorio CLOE – allora possiamo parlare di un approccio completamente nuovo alle sfide del cambiamento in azienda.
Autobiography in enterprises
In some working places one wears masks and armors, in others one can be oneself, putting faith in mutual trust. There are working places where calculations sustain power games and there are working places where authenticity, meant as integrity in accordance to one’s values, pays. There are places where directors are changed fast to avoid them bonding with clients and collaborators and there are companies, often Italian family-managed ones, where professional relationships go on for decades, because people grow together by working together.
Autobiography inside the organization is not for everybody and for sure it fits much better the second type of companies I described, as it introduces deep truth and authentic sharing – something that requires a trustful context.
But what is autobiography in companies for?
Writing is a privileged expression of language, as it dissolves the chaos that often grips our mind, preventing us from structuring and expressing our thoughts. Is it a coincidence, that when we want to make clear something to ourselves, we take pen and paper and we write a draft, a scheme, a list?
And which kind of autobiography can be useful for a company?
For sure a professional personal storytelling inside a group, lead by an expert, focusing on some crucial theme, such as change management, re-organization, rebranding, digital transformation, values.
The sharing of personal stories has become from one side easier, because of the exposition of the self to which social media got us used to and, from the other side, it has become more difficult, as the same social media forced us to adapt ourselves to specific communication goals, threatening our complexity and unity. The advantages of personal storytelling in a company is the increase of mutual understanding, of the sense of belonging, of the creative approach.
It’s not just autobiographical writing itself that needs being taken into consideration as a new, valuable chance to manage change, but even more the autobiographical method founded on the rules established by the autobiographical pact by Philippe Lejeune, one of the maximum experts of this field. The rules of this pact are based on respect for life stories, on absence of judgement and criticism, on sharing based on experience and not on opinions. This method allows people in a group to dialogue in a constructive way, respecting the various points of view, the unicity and preciousness of every contribution.
When the autobiographical writing is sustained by philosophical thinking and followed by creative visualization of the group’s results – as it happens with the CLOE laboratory – then we can talk of a completely new approach to the challenge of change in companies.