Ho terminato la mia autobiografia, stampata, rilegata, spedita a una lettrice incognita, infilate tra una Dickinson e un Balzac le copie destinate ai figli una volta raggiunta la maggiore età.
Mi sento sollevata ma soprattutto svuotata, come dopo ogni grande consegna. Cerco di riempire il vuoto parlandone con amici, i quali mi chiedono tutti se la pubblicherò. Noto che quando rispondo di no, l’interesse per il lavoro inesorabilmente scema.
La cosa mi delude un po’, così mi consolo traendone “food for thought”. Conosciamo bene i vantaggi della pubblicazione: qualche guadagno, gratificazioni, nuovi contatti e notorietà in caso di successo editoriale.
Certamente risulta più difficile capire perché mai ci si dovrebbe limitare a scrivere per se’ e per pochi eletti. Ma vi assicuro che non si tratta di un’idea insensata e qui di seguito proverò a convincervi con 5 motivazioni:
- La libertà di seguire i propri gusti (e non quelli del mercato)
scrivere per sé significa non doversi preoccupare di quali sono i generi e i temi che vanno per la maggiore - possiamo scrivere ciò che più ci interessa e ci attrae, cercando di soddisfare un solo lettore (cha, tra l’altro, conosciamo benissimo): noi stessi. Niente sciatteria, quindi, anzi, al contrario, faremo di tutto perché lo stile della nostra opera ci assomigli più possibile
- Portersi rivelare nella scrittura
scrivere per se’ consente di potersi rivelare nella scrittura nella propria intima sincerità, senza dover usare la scrittura per esprimere e allo stesso tempo celare, per nascondere aspetti di se’ che non si vorrebbero fossero riconosciuti, da nessuno o da qualcuno
- Fare un dono e creare connessioni sintoniche
scrivere per se’ non vuol dire fare un’opera assolutamente privata e non condivisibile. Alcontrario, si può fare dono del proprio scritto ad alcune persone selezionate con cui ci si sente in sintonia, per mettere in moto uno scambio di idee e sentimenti e lasciare che il proprio seme germini e si diffonda spontaneamente, là dove crediamo che possa essere meglio recepito. E’ probabile che si creeranno nuove interessanti connessioni. In ogni caso, lo sguardo dell’altro sarà un momento di importante verifica e stimolo.
- Dare alla propria storia l’importanza che merita
Spesso i libri interessano gli editori quando rappresentano storie con effetti speciali alla Murakami, condizioni estreme alla Susak o coté piccanti alla E. L. James
La maggior parte delle storie di vita sono molto più sottili e mano appariscenti, ma non per questo meno rilevanti. Scrivere il libro della propria vita per se’ consente di sottrarre la propria storia a mistificazioni compiute in nome dei numeri, permette di scrivere con il solo scopo di celebrare la Vita come maestra, di individuare e riconoscere i punti salienti che hanno formato la persona che si è diventati.
- Raggiungere obiettivi personali attraverso la scrittura
Lasciare una traccia di se’, colmare un vuoto, dare forma estetica alla propria Vita, riconciliarsi col passato, riaprirsi alla progettualità, scoprire le proprie radici, cercare una cura: sono diverse le ragioni che muovono uno scrittore prettamente autobiografo, ma tutte sono legate alla sfera privata, non a quella pubblica – da qui la non-necessità di rendere pubblica l’opera (così come suggerisce il verbo “pubblicare”).
Ciò detto, è probabile che il lavoro di stesura della propria storia sia un ottimo canovaccio da rielaborare creativamente per partire alla conquista del grande pubblico. Questa volta con tutta la progettualità che un potenziale best seller richiede.